E’ un sostegno pieno e convinto quello che Confindustria Taranto esprime per lo sciopero proclamato dai sindacati del settore metalmeccanico per domani, giovedì 14 luglio.
«Condivisibile – si legge in un comunicato della associazione datoriale ionica – è la preoccupazione in merito all’ultimo decreto, in particolare per l’aspetto che attiene lo slittamento dei tempi di risanamento ambientale, e sono ancora troppi, a fronte di tempi di acquisizione che diventano sempre più imminenti, gli aspetti da chiarire prima che Taranto e il suo sistema industriale si ritrovino ad avviare il nuovo corso che inevitabilmente si aprirà con l’ingresso nel centro siderurgico, qualunque esso sia, del nuovo soggetto acquirente.
Occorre fare chiarezza e farla subito, al fine di evitare che condizioni critiche e precostituite si presentino alla città senza consentire agli attori territoriali alcun margine di intervento.
E’ un rischio che nessuno si può permettere e men che meno un territorio che nella sua interezza soffre i morsi della crisi: una crisi che non è più solo sintomo di una oramai decennale recessione nazionale, ma è endemica e soprattutto fortemente identitaria.
Doveroso – evidenzia Confindustria Taranto – è d’altro canto prendere atto, al di là delle incertezze e delle incognite che accompagnano il complesso processo di trasformazione del centro siderurgico, dei significativi passi in avanti che il decreto registra attraverso l’emendamento specifico che prevede il pagamento di acconti parziali alle aziende fornitrici, che come è noto hanno finora pagato, nella platea dei creditori prededucibili, il prezzo più alto in termini di attese e quindi di sofferenze di liquidità.
E’ indubbio come Ilva, indotto e filiera dell’acciaio, che rappresentano un segmento fondamentale del settore metalmeccanico, stiano vivendo una fase inedita di crisi conclamata. Si tratta, tuttavia, solo della cosiddetta punta dell’iceberg di un intero sistema.
A soffrire sono, contestualmente, interi pezzi della storia industriale come l’Arsenale, destinatario di stanziamenti sempre più esigui nonostante le più volte ribadite – da parte del Ministero Difesa – strategicità e centralità dello stabilimento sullo scenario nazionale; l’indotto navalmeccanico, costretto a fronteggiare la quasi totale carenza di attività lavorative – per effetto dell’imminente conclusione delle ultime commesse sulle unità navali militari -nonché la profonda incertezza in merito alla programmazione dei lavori futuri.
E’ recessione conclamata anche per l’edilizia, altra cartina di tornasole di un motore che non gira come dovrebbe e si traduce nell’immobilità di un settore tradizionalmente trainante, e a subire la crisi continua ad essere il commercio, settore da sempre sintomatico della vitalità del tessuto cittadino che perde ogni giorno pezzi importanti della sua storia e della sua tradizione, per via di un’economia asfittica che si ripercuote inevitabilmente sui consumi interni.
Per il Porto, risorsa indiscussa dell’economia jonica su cui si riversano gran parte delle aspettative di rilancio del territorio, la situazione si presenta ancora con luci e ombre.
Da un lato, va dato atto al consorzio Ulisse (all’interno del quale ci sono interessanti realtà locali) candidatosi all’assegnazione della banchina del molo polisettoriale, di una indiscussa dinamicità che ben fa sperare per gli sviluppi futuri del terminal, come di segno positivo è la creazione di un’agenzia per il ricollocamento dei lavoratori portuali; dall’altro, sembrano essersi ridimensionate le aspettative di ingresso di players internazionali che sembravano legate al destino dello scalo dopo l’uscita di scena di Tct e quindi degli azionisti Evergreen e Hutchinson, più volte prospettate anche da rappresentanti del governo centrale.
E’ un segnale, forse, che prima ancora di pensare in grande, sfruttando l’onda di cambiamento che inevitabilmente la investirà, Taranto dovrà fare i conti con molteplici pezzi da ricomporre e tanti altri da ricostruire.
E per far questo dovrà utilizzare, cosa che finora non ha fatto, gli strumenti messi a disposizione in virtù dello status di area di crisi industriale complessa, che la riguarda, riconosciuta all’art.2 del D.L 129/2012.
Fatti salvi gli obiettivi del Cis, che appaiono già definiti e circoscritti, urgente è infatti la sottoscrizione di un Accordo di Programma, attraverso il quale focalizzare gli obiettivi di riconversione e i fabbisogni, anche infrastrutturali, di riqualificazione, le azioni da intraprendere, la strumentazione e le risorse finanziarie regionali e nazionali attivabili.
E’ pertanto auspicabile che, celermente, la Regione Puglia adotti gli atti utili, facendosi carico dell’onere finanziario individuato, per adottare questo indispensabile strumento di programmazione e attuazione degli interventi. Ma sarà pur sempre il sistema locale a dover richiederlo a gran voce.
Ben venga, pertanto, lo sciopero annunciato da parte dei sindacati – conclude Confindustria Taranto, ma è auspicabile che la città debba farsi carico di azioni di rivendicazione più ampie, costruttive, partecipate: di uno sciopero generale che investa tutti i settori coinvolti, tutte le maglie del tessuto economico cittadino, tutte le espressioni della Taranto che vorrebbe più attenzione, più programmazione, più promesse mantenute.»