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«Il 17 aprile 2016 gli italiani saranno chiamati alle urne per esprimere il loro parere in merito alla questione relativa alle trivellazioni effettuate in mare per l’estrazione di gas e petrolio. Nello specifico si tratterà di esprimersi in merito al sesto quesito approvato dalla Corte Costituzionale, inerente la possibilità di consentire o meno le attività estrattive nel mare, in un’area compresa entro le 12 miglia dalla costa (ovvero circa 19 km).» Lo ricorda in una lettera l’Ing. Giuseppe Santoro .

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« In sintesi – spiega l’Ing. Giuseppe Santoro , se si otterrà l’abrogazione del sesto quesito approvato dalla Corte Costituzionale, il legislatore non potrà rimuovere il divieto di cercare ed estrarre gas e petrolio entro le 12 miglia dalla costa e il ministero dello Sviluppo Economico sarà obbligato a chiudere definitivamente i procedimenti in corso finalizzati al rilascio dei relativi permessi e delle concessioni (ma non quelli già rilasciati).
Al fine di diminuire le importazioni di gas e petrolio dall’estero, contenere le imposte fiscali che ne derivano e quindi garantire maggiore autonomia energetica, in Italia si paventa la possibilità di utilizzare giacimenti petroliferi presenti nel nostro sottosuolo, il quale in verità ne risulta prevalentemente deficitario, eccezion fatta per le zone marine dell’alto adriatico e della regione Basilicata. Diversi studi hanno dimostrato che i costi economici che comporterebbe l’attività estrattiva e di ricerca dei giacimenti effettuati nel nostro territorio sarebbero di gran lunga superiori ai benefici economici che la nostra nazione potrebbe conseguire utilizzando appunto le risorse energetiche di questo tipo, contenute nel proprio sottosuolo.
Oltre all’aspetto meramente economico, è opportuno ricordare che la politica energetica mondiale è attualmente rivolta verso il supporto di fonti alternative di energia a basso o nullo impatto ambientale. Infatti è noto a tutti ormai che l’utilizzo del petrolio e del gas per il soddisfacimento del fabbisogno energetico mondiale determina inevitabilmente l’inquinamento dell’ambiente, iniqui stravolgimenti del clima e conseguenze spesso catastrofiche che incidono pesantemente sulla salute umana e minacciano le nostre aspettative di vita.

L’inquinamento e l’insostenibilità ambientale – precisa nella sua lettera l’Ing. Giuseppe Santoro – non sono i soli motivi per opporsi alle attività di estrazione dal sottosuolo di gas e petrolio. Uno studio recente, mirato all’individuazione delle cause dell’ultimo terremoto verificatosi in Emilia Romagna, ha avanzato l’ipotesi che l’evento sismico possa essere stato indotto proprio dalle intense attività estrattive effettuate in quel territorio, attività che comportano la fratturazione idraulica della roccia (fracking). A questo proposito rimando al progetto denominato “Tempa Rossa” che si sta attuando nel cuore della Basilicata, laddove è prevista l’estrazione di 50.000 barili di petrolio al giorno, oltre notevoli quantità di gas naturale, gpl e zolfo. La Basilicata è già di per sé un territorio ad alto rischio sismico; è evidente che quest’attività ‘stride’ con le già critiche caratteristiche geologiche e sismiche del territorio e potrebbe favorire l’insorgenza di una altro “caso Irpinia” come quello verificatosi negli anni ’80.

Ma il progetto “Tempa Rossa” riguarda anche più direttamente il nostro territorio, infatti a Taranto sarà previsto lo stoccaggio e la spedizione del greggio via mare (il ché costituisce un rischio ambientale) estratto in Basilicata, tramite l’utilizzo del porto ed il coinvolgimento della raffineria Eni già presente sul territorio arrecando danni quotidiani tramite esalazioni nauseabonde che di sovente rendono invivibile la città e gli spazi circostanti. La speculazione economica non conosce limiti; sebbene oggi, ripeto, esistano le tecnologie per assicurare il fabbisogno energetico tramite fonti di energia rinnovabile del tipo ecosostenibile sulle quali dobbiamo necessariamente puntare per il nostro futuro, gli interessi sul gas e sul petrolio sono ancora elevatissimi per le multinazionali che in oligopolio ne regolano il commercio (e intanto il prezzo del carburante per i cittadini non
scende al di sotto di una certa soglia, ancora troppo alta). A fronte di sbocchi occupazionali che certamente non risolverebbero la crisi del lavoro che affligge il nostro territorio, sembra evidente che il prezzo da pagare in termini ambientali e di sicurezza sia del tutto inaccettabile.

Non ci interessano – conclude nella sua lettera l’Ing. Giuseppe Santoro – progetti desueti e di notevole impatto ambientale, il nostro sud ha bisogno semmai di investire in idee e tecnologie innovative che offrano davvero una valida opportunità per risollevarsi dalla pesante crisi economica e che siano concorrenziali al punto tale da consentirci di recuperare il notevole gap economico e sociale con il nord, disparità sedimentatasi nel corso del tempo proprio a fronte di scelte politiche ed economiche errate e spesso incuranti delle vocazioni e delle peculiarità territoriali.

Andare a votare il 17 aprile contro le trivellazioni in mare è quindi un dovere di tutti se si vuole conseguire un futuro sostenibile nel nostro territorio

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