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I primi freddi sui campetti di calcio improvvisati dei terreni non edificati di Capone si facevano sentire non poco. Il sole già iniziava a tramontare ed il pensiero si divideva tra i compiti ancora da svolgere e la felicità per un Natale che sarebbe arrivato entro un mese.

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Da lontano facevano da sfondo le prime luci natalizie che contornavano la periferia di Grottaglie. All’ improvviso, come una manna dal cielo, una voce di una massaia, la mamma di uno di noi ragazzini intenti ad imitare le prodezze di Falcao e Platini :”Mena forza! Lassate ti sciucà ca so belli coti coti”. L’ acquolina in bocca aveva magicamente il sopravvento sull’ interesse ludico ed a spintoni ci precipitavamo verso quel profumino così invitante. Ad attenderci c’era una bella coppa di pettole dorate, ancora fumanti, calde e così incredibilmente saporite. Sì le pettole, una delle cose più semplici da preparare, nient’ altro che un impasto di acqua e farina che viene fatto friggere nell’ olio. Semplice a dirsi ma estremamente difficile a farsi. Le massaie di un tempo riuscivano a trovare un giusto equilibrio tra la morbidezza della pasta e la forma. Riuscivano a prendere un pugno di pasta così preciso che davano alla pettola una forma classica “a limone” che in mani non esperte sarebbe quasi impossibile fare. Ce ne mangiavamo tantissime, cinque, dieci, venti a testa…non bastavano mai.

Erano le prime pettole che gustavamo dopo il periodo estivo, quelle pettole che con il loro profumo delicato ed il loro sapore ci aprivano le porte del periodo natalizio. Era il 22 novembre, il giorno di Santa Cecilia. Noi grottagliesi il giorno di Santa Cecilia vergine e martire, patrona della musica, lo festeggiamo in maniera molto diversa dai nostri cugini tarantini. Per loro è una festa assai più importante. Noi non abbiamo la banna ca passa alli tocche, cioè la banda che passa la mattina presto alle 5, ai rintocchi della prima messa. Le nostre pettole sono più semplici, solo acqua e farina con un pizzico di sale e non magari con l’ aggiunta di una acciuga senza lisca che sicuramente le può rendere ancora più gradevoli.

Come quelle tarantine però le nostre pettole possono essere dei veri e propri dolci con l’ aggiunta del miele che sicuramente fa la gioia dei più piccoli e non solo. Il fascino di un giorno come quello di Santa Cecilia sta proprio nel fatto che dal 22 novembre si comincia ad entrare in pieno clima invernale ma soprattutto natalizio. Una volta si diceva “Comu Catarinescia, cussì Natalinescia” ossia come sarà il tempo il giorno di Santa Caterina così lo sarà anche a Natale. E il giorno di Santa Caterina cade il 25 novembre, proprio 3 giorni dopo Santa Cecilia. Dal giorno di Santa Cecilia in poi si assiste in paese ad un rifiorire di addobbi natalizi, di musiche e di colori che ci catapultano in modo rapido verso il periodo natalizio, un periodo che anni fa per i più era molto atteso e che oggi forse ci crea un poco d’ansia proprio a causa di quel dover fare tante cose a prescindere. Tutto questo perché nella vita moderna si trova tutto e sempre e la gioventù non è più abituata a dover aspettare.

E così la vita moderna coi suoi ritmi frenetici ci sta portando via anche quei sereni pomeriggi di Santa Cecilia così come il profumo delle tanto amate pettole.

Farina, acqua e Sali
pi li pettli ti Natali
pi sta allegri in armonia
tutti quanti in cumpagnia. Tra nu munnu ti risati,
sannacchitli e cartiddati,
pasta, pesci e baccalà
alla fini ma sciucà
alla tombola, a mazzettu
pi finè cu nu tirzettu
finu a quanna arrìa l’ istanti
propiziatu tlu Buon Diu.
Ti salutu amicu mia!
Auguri a tutti quanti

(G. V. Cofano, “Cientu puisii”)

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