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Tra pochi giorni riapriranno le scuole, e milioni di bambini e adolescenti riprenderanno questa fondamentale esperienza, in grado di segnare profondamente la loro vita.

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Al piacere di ritrovare i vecchi amici o di incontrarne di nuovi, può fare da contraltare il subdolo ed antipatico fenomeno del bullismo giovanile, in questi ultimi anni sempre più amplificato dalle nuove tecnologie di comunicazione. L’incontro-scontro ha da sempre fatto parte del processo di crescita e formazione dell’individuo, e – quando si realizza con tempi e modalità corrette – è una tappa fondamentale della vita, consentendo di sperimentare la socialità del gruppo, l’esistenza di regole e gerarchie, il modellarsi della propria ed altrui personalità. Discorso diverso è quando si sfocia nella violenza fisica, verbale o psicologica, quando si arriva ad aggressioni, anche con tragici esiti, quando il “branco” agisce spietato contro la vittima prescelta. Per individuare i sintomi più evidenti di eventuali fenomeni di bullismo e fornire interessanti suggerimenti a genitori ed insegnanti, la Polizia di Stato ha predisposto una intera sezione dedicata sul suo sito internet, da cui traiamo alcuni estratti.

Innanzi tutto è opportuno definire la serie di comportamenti ed episodi che – se ripetuti frequentemente – possono essere identificati con il termine di bullismo, soprattutto se chi li subisce non riesce a difendersi.
 Questi sono il ricevere insulti o minacce; ricevere spinte, calci e pugni; essere appellati con soprannomi antipatici ed essere presi in giro; essere oggetto di pettegolezzi e dicerie sul proprio conto; essere offesi per la propria razza, per il sesso, per la propria religione o il proprio orientamento sessuale vero o presunto. Essere oggetto di scerno e battute offensive; notare che altri fanno sorrisetti e risatine mentre stai passando oppure parlano in codice se sei presente o ti ignorano e ti voltano le spalle se ti avvicini; ricevere sms, e-mail e telefonate offensive; essere costretto a fare o non fare determinate azioni contro la propria volontà; essere vittima di furti o sottrazione di libri, oggetti di cancelleria scolastica, merende o denaro.
E’ opportuno anche ricordare che non si può parlare di atti di bullismo se due o più ragazzi litigano fra loro o si picchiano perché, in questi casi, esiste una parità di forza. Ma soprattutto non è bullismo quando qualcuno attacca o minaccia un coetaneo con un coltello, procura ferite gravi o compie molestie o abusi sessuali, perché questi comportamenti sono dei veri e propri reati, che vanno segnalati al più presto a genitori ed insegnanti e denunciati alle autorità competenti.

Ovviamente si tratta di indicazioni generiche, perché ogni situazione merita un esame specifico; certamente però vi sono delle cose da fare e da non fare che hanno valenza generale, e tra le cose da fare c’è soprattutto il non fare finta di niente e non sottovalutare il problema, ricordando anche che nel fenomeno del bullismo, ad essere protagonisti non sono solo le “vittime” ed i “carnefici”, ma anche gli “spettatori”, ovvero coloro che per complicità, opportunismo o codardia non prendono le difese dei più deboli, adottando un comportamento reticente o minimizzante, questo perché circa l’85% degli episodi di bullismo avviene in presenza del gruppo dei pari, e quindi proprio la maggioranza silenziosa costituisce una risorsa di grandissimo valore sulla quale fare leva per ridurre la portata del fenomeno.

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FontePolizia di Stato