«Allevatori “spremuti” più delle loro vacche. Col prezzo del latte alla stalla che sta ormai sprofondando verso la soglia critica dei 35 cent/litro e la concorrenza sleale che li danneggia pesantemente, gli allevatori dell’area murgiana tarantina rischiano di vedere andare un fumo anni di sacrifici e di cospicui investimenti.» A lanciare l’allarme è un comunicato di Confagricoltura Taranto.
«Il settore zootecnico – afferma Confagricoltura Taranto, ancora una volta, sta vivendo un momento di profonda difficoltà ed è per questo che Confagricoltura Taranto chiede alla Regione Puglia di farsi carico del problema, in uno scenario complessivo in cui le aziende agricole non riescono più a coprire i costi di produzione, mentre i “big player” del mercato, grande distribuzione organizzata e trasformatori, conservano intatti i propri margini di guadagno.
E’ un ulteriore trauma che mette al tappeto la zootecnia pugliese – sostengono gli allevatori di Confagricoltura – a causa di una concreta diminuzione del prezzo del latte alla stalla e che viene perpetrato dalle multinazionali e dalle aziende di trasformazione che operano nel settore caseario al solo fine di accrescere i propri profitti senza altra motivazione.
Del resto – sottolineano – il latte alimentare ed i prodotti che dal latte derivano non hanno subìto alcun decremento del prezzo di vendita al consumatore finale».
Secondo gli allevatori «ciò che fa più male è il fatto acclarato che senza il latte prodotto in Puglia non si possono ottenere determinati prodotti di eccellenza quali la burrata pugliese di Andria, il fior di latte, la treccia, la giuncata, il caciocavallo, “il canestrato” ecc. Infatti, il latte importato, sia esso di provenienza comunitaria che extracomunitaria, perde durante il tragitto tutti quei requisiti che sono la garanzia di un prodotto finale dalle altissime qualità organolettiche».
Insomma, il prodotto locale oltre ad essere migliore è anche più “sicuro” per i consumatori. Un versante sul quale fattori come trasporto, pastorizzazione e refrigerazione giocano un ruolo fondamentale: «Bisogna considerare – dicono gli allevatori – che una refrigerazione che supera le 10 ore e che non rispetta i livelli di temperatura prescritti, risulta deleteria per il processo di caseificazione».
Tutte considerazioni che, per gli allevatori di Confagricoltura, dovrebbero indurre i consumatori ad acquisti più accorti: «Bisogna diffidare da prodotti a pasta molle venduti a quattro euro, quando il prezzo congruo è almeno otto euro. Al contrario, è utile fare più attenzione alla qualità che è sinonimo di salubrità dell’alimento».
Discorso che si lega indissolubilmente al prezzo del latte fresco: «Quaranta cent al litro – sostengono gli allenatori di Confagricoltura – è un prezzo di pareggio, ossia in grado di farci appena rientrare dai costi vivi che dobbiamo sopportare. Ma purtroppo stiamo scivolando verso i 35 cent, mentre sarebbe equo che il latte risalisse almeno a 50 cent al litro, un livello che può garantire la remunerazione del nostro lavoro».
Vicenda complessa in cui s’intrecciano prezzo del latte, concorrenza sleale, tutela degli allevatori e dei consumatori. Di qui la richiesta del presidente di Confagricoltura, Luca Lazzàro, alla Regione Puglia affinché essa sia capace di stimolare «una intensificazione dei controlli sanitari e fiscali al fine di contrastare azioni fraudolenti relative all’origine del latte ed alla qualità dello stesso» e svolgere «un ruolo di mediazione attiva sui livelli del prezzo del latte alla stalla».