Una zingara con gli occhi di terra, che ha il fuoco dei tramonti di un Oriente di guerra e di fiamme, mi ha toccato la spalla. Ha fissato il mio sguardo e mi ha parlato. Con voce roca come una Dea che aveva toccato il mare in tempesta.
“Tu porterai sempre con te il dono della pazienza. Ma questo non ti impedirà di essere sempre straniero. Tu sarai straniero e porterai con te la sensualità di un marinaio che ha toccato i porti delle assenze. In ogni porto incontrerai una donna che avrà negli occhi il mistero e il tuo viaggio non si fermerà perché tu resterai l’uomo di Circe di Calipso e di Penelope. Avrai la tua isola ma non sarai più uomo e marinaio di isole, ma di viaggi e quindi di partenze“.
Si è fermata cercando il mio sguardo.
Ha toccato le linee della mia mano destra e mi ha detto ancora.
“Viaggia se vuoi se puoi. Ama. Lasciati amare. Sei senso sensualità. Resterai sensualità senso. Un notturno e farai l’amore sotto i faraglioni con il porto invaso dalla marea e amerai la voluttà di Circe, la passione straziante di Calipso e ascolterai gli echi di Nausicaa. Ma il tuo cuore sarà strappato da una donna proveniente dal deserto dell’Oriente e avrà il viso velato con una seta azzurra. Nulla potrai fare. La strega in amore vince e tu accoglierai la magia come destino. Non avrai isole e neppure porti. Ma attraverserai isole e porti e sarai sempre partenza“.
Mi ha baciato sulla bocca ed è andata via. Ho guardato il suo profilo. Allontanarsi. Portava una gonna a pieghe. Lunga e aveva tra i capelli una rosa rossa. Capelli tirati e intorno al petto un foulard.
La zingara aveva attraversato le terre dei Balcani e aveva abitato i luoghi dell’Armenia. Nel suo cuore l’Armenia era rimasta un viaggio. Perché nelle sue parole ogni favola toccavo le ombre e le ombre si cercavano nel gioco del vivere.
Forse questa zingara che si faceva chiamare Alba Kavakian aveva raggiunto il silenzio del mistero e si era rimessa in viaggio tra le vie di altre memorie.
Forse c’era una volta un marinaio che non dimenticava i luoghi del corpo di Circe e gli scavi di passione di Calipso, ma Alba Kavakian tutto questo lo sapeva già.
Il marinaio osservando il passo della zingara si disse: “Ogni giorno ha il suo giorno nuovo e quando il nuovo giorno sarà nuovo non ci saranno più parole. Le parole non avranno alcun valore. Bisogna amare con l’anima, ma l’anima ha la sua fisicità nell’amplesso di un tempo indefinibile. Guardare negli occhi è legare l’anima al vento che scava e lascia segni che sono fatti di passioni. Si ama ciò che non si dimentica. Ma per non dimenticare bisogna scavare tra le terre che custodiscono i solchi. Non solo con l’anima ma cuore e corpo sono profondi di segreti ”.
Il racconto qui non finisce. Semplicemente perché non siamo sicuri che sia iniziati. Forse c’era una volta una zingara che veniva dall’Armenia e un marinaio che la lacerato gli occhi di Circe e lo sguardo di Calipso ed è stato straziato dalle passioni. Ma ha vissuto!
Forse… Ma perché non dovremmo vivere del Forse…
Il marinaio e lo zingara forse vivranno altri destini.
(Da una “Fabula raccontando nel cammino armeno”, a cura di Pierfranco Bruni. Interpretazione e rilettura)