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Dopo aver celebrato da poco la memoria di un’altra santa patrona d’Europa, Santa Brigida di Svezia (23 luglio), oggi la Chiesa ci pone davanti agli occhi e al cuore l’esempio di Santa Teresa Benedetta della Croce. Teresa, al secolo Edith Stein, nasce il 12 ottobre 1891 a Breslavia in Germania, ultima di 11 figli di una fervente famiglia ebraica. Un tratto particolare della sua ricerca umana fu la continua ricerca della verità e forse fu proprio questa la maggiore grazia con la quale il Signore la preparò all’incontro con Lui.

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La ricerca della verità voleva dire per lei la certezza di poter comprendere tutto da sé, religione inclusa, e per questo decise all’età di 15 anni di “non pregare più”. In lei, infatti, si era insinuata l’idea che non poteva esistere un Dio personale ovvero che si relazionasse all’uomo come lo fa una persona. Nel 1916 si dottorò in filosofia avendo come docente il filosofo Husserl e ben prestò diventò membro della facoltà di Friburgo. In questi anni visse completamente da atea continuando però la sua ricerca della verità; solo dopo la conversione comprenderà che esiste una sola Verità e che questa è Dio.

Ecco perché così affermò: “La mia ricerca di verità è stata una vera e propria preghiera”. Questa è una “meravigliosa parola di conforto per tutti coloro che hanno difficoltà con la fede nel Signore!” affermò Giovanni Paolo II nell’omelia per la beatificazione. Più sinteticamente ad una sua amica benedettina scrisse: “Chi cerca la verità, consapevolmente o inconsapevolmente cerca Dio”.

Nel 1921 vive il momento della conversione al cattolicesimo dopo aver letto l’autobiografia di Santa Teresa d’Avila. Accadde in una notte a casa di una amica; qui trovò il libro della santa carmelitana e lo lesse tutto d’un fiato fino alle prime luci dell’alba. Al termine della lettura esclamò: “Questa è la verità” e di lì a poco chiese il Battesimo. In seguito alla promulgazione delle leggi razziali del 1933 dovette lasciare l’insegnamento iniziando a soffrire i mali del nazismo con il suo popolo ebraico.

Nel 1934 entrò nel Carmelo di Colonia e cambio il nome da Edith a Teresa Benedetta della Croce, scegliendo il nome in onore alla santa che le ispirò la conversione. A questo periodo appartengono le opere più note della mistica: “Essere finito ed essere eterno” e “La Scienza della Croce: Studio su Giovanni della Croce”. Purtroppo le sofferenze non erano finite perché a causa della minaccia nazista fu cautamente trasferita nel Carmelo di Echt, nei Paesi Bassi. Questo fu l’ultimo convento in cui visse perché dopo la pubblica condanna della Chiesa al nazismo, Hitler ordinò che anche gli ebrei convertiti fossero scovati e deportati. Edith e la sorella Rosa, cattolica anche lei, furono catturate e deportate il 6 agosto 1942 e uccise nella camera a gas il 9 agosto. Mentre venivano catturate lei ebbe il coraggio di dire alla sorella: “Vieni, andiamo, per il nostro popolo”.

Santa Teresa è oggi per noi un vivo segno di comunione tra cristiani ed ebrei perché certo morì martire per Cristo con il quale portò la croce della sofferenza, ma anche martire quale figlia del martoriato popolo ebraico. Poiché i santi sono la migliore esegesi, cioè la migliore spiegazione, della Sacra Scrittura ecco che mi sembra di poter richiamare all’attenzione come lei può raccontarci del mistero di amore di Dio per l’umanità. Anzitutto è Giovanni Paolo II ad indicarci in Santa Teresa un modello biblico quando nell’omelia della beatificazione (Colonia, 1° maggio 1987) la paragona alla regina Ester.

Ester visse nel periodo in cui fu ordinato lo sterminio degli Ebrei da parte dell’impero persiano e rivolgendosi con fiducia al Signore pregò: “Ricòrdati, Signore, manifèstati nel giorno della nostra afflizione e da’ a me coraggio, o re degli dèi e dominatore di ogni potere. Metti nella mia bocca una parola ben misurata di fronte al leone e volgi il suo cuore all’odio contro colui che ci combatte, per lo sterminio suo e di coloro che sono d’accordo con lui. Quanto a noi, salvaci con la tua mano e vieni in mio aiuto, perché sono sola e non ho altri che te, Signore!” (Est 4, 17r-t). Così come lei volle essere unita alla sorte del suo popolo piuttosto che godere dei privilegi reali, così Teresa volle essere unita alla sua stirpe senza approfittare della condizione di cristiana.

Santa Teresa inoltre può con la sua vita presentarsi come l’esegesi vivente anche di un passo di San Paolo il quale nella lettera ai Galati scrive: “Quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo” (Gal 6,14). La grazia speciale di condividere con Gesù il cammino della Croce culminò con il suo martirio. Ma dove si fonda il martirio? Esso nasce e cresce sulla morte di Gesù, che è il vero sacrificio d’amore dal quale possiamo avere la vita. Anche la liturgia canta a questo mistero quando in un Prefazio (una delle preghiere della Messa) afferma che Cristo è “il vero Agnello che morendo ha distrutto la morte e risorgendo ci ha ridato la vita”. E poi il martirio risponde all’altissima vocazione del “chicco di grano” che muore per germogliare alla vita e dare frutto (Gv 12,24).

Oggi, Santa Teresa è per noi credenti è un alto modello di vita cristiana. Insieme a Santa Brigida di Svezia e Santa Caterina da Siena è stata proclamata patrona d’Europa; queste furono le parole di Giovanni Paolo II il 1° ottobre 1999: “Dichiarare oggi Edith Stein compatrona d’Europa significa porre sull’orizzonte del vecchio Continente un vessillo di rispetto, di tolleranza, di accoglienza, che invita uomini e donne a comprendersi e ad accettarsi al di là delle diversità etniche, culturali e religiose, per formare una società veramente fraterna”. Santa Teresa è stata canonizzata l’anno precedente, l’11 ottobre 1998.

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