Se volete sapere cosa centrano gli zoccoli di legno con il sabotaggio industriale, se vi incuriosiscono i verbi ottativi, se non riuscite a sopportare chi sostituisce il modo congiuntivo con l’indicativo contribuendo alla progressiva depauperazione della lingua italiana, se cancellate senza neppure leggerlo un messaggio che sul display del vostro telefono sostituisce un apostrofo con un accento, questo è il libro per voi.
Massimo Roscia, con il suo godibilissimo “La strage dei congiuntivi” (Exòrma Edizioni, 324 pagine, ISBN: 978-88-98848-03-4) scrive un libro difficile da catalogare: Un noir? Anche ma non solo. Un’invettiva dolente e lucida contro i violentatori della lingua italiana? Sicuramente. Un esercizio di erudizione? Troppo ironico per essere rinchiuso in una definizione così riduttiva. Di certo è un libro che per essere goduto appieno richiede tempo e pazienza, un buon vocabolario e – perché no? – anche una enciclopedia affidabile, perché le note al testo sono tali e tante, così ricche di particolari, suggerimenti biografici ed approfondimenti scientifici che costituiscono un libro nel libro. E non si tratta solo di accrescere la propria cultura generale, il che già sarebbe obbiettivo più che raccomandabile, ma anche – confessiamolo – di scoprire se davvero siano esistiti i personaggi citati, studiosi che neppure la più fervida delle fantasie avrebbe forse potuto partorire (un esempio per tutti: Giulio Cesare Baricelli, insigne medico del XVI° secolo considerato il più grande studioso della sudorazione umana, che a questo fenomeno ha dedicato una ponderosa opera in quattro volumi).
Si parte da un omicidio, ed è subito difficile non schierarsi dalla parte del colpevole e non apprezzarne la missione che si è dato, insieme ad altri suoi sodali, autonominatisi difensori della grammatica italiana, quotidianamente vilipesa, deturpata e ferita a morte. “I congiuntivi vengono invertiti con i condizionali, i verbi intransitivi goffamente resi transitivi, i gerundi sfregiati, i sinonimi ignorati, i troncamenti confusi con le elisioni, i vocabolari abbandonati nelle cantine ammuffite. Reggenze errate, fastidiose sovrapproduzioni di avverbi, insopportabili diminutivi iperbolici. Espressioni trite e banali, frasi mangiucchiate, difettose, frammentate, incoerenti, prive di punteggiatura…”. Contro questo degrado lottano Dionisio e i suoi discepoli, un analista sensoriale, un bibliotecario, un dattiloscopista della polizia e un professore di letteratura sospeso dall’insegnamento a tempo indeterminato; loro decidono di reagire, combattere, attuare il loro salvifico piano, costi quel che costi.
Ed a chi – opportunamente – giudica i frutti dalla pianta (e viceversa), bastino le note biografiche dell’Autore, che così viene presentato nel risvolto di copertina: “È nato a Roma nel 1970 (qualcuno sostiene nel 1870). Scrittore, critico enogastronomico, docente, condirettore editoriale del periodico «Il Turismo Culturale». Autore di romanzi, saggi, ricerche, guide e vincitore di diversi premi letterari, ha esordito nel 2006 con “Uno strano morso ovvero sulla fagoterapia e altre ossessioni per il cibo”. L’originale noir sul rapporto cibo-nevrosi ha ottenuto in pochi mesi un grande successo di pubblico e di critica. Da qualche anno insegna comunicazione, tecniche di scrittura emozionale, editing, letteratura gastronomica e marketing territoriale. Nei minuti liberi continua a scarabocchiare e a chiedersi cosa fare da grande.”
Un libro da consigliare, “La strage dei congiuntivi”, soprattutto in queste settimane in cui milioni di studenti tornano a sedersi tra i banchi di una Scuola che non sempre riesce ad appassionare alla Cultura e ad andare oltre un freddo nozionismo, un’opera che meriterebbe di essere studiata e centellinata, riletta più volte e ogni volta goduta, un romanzo che ci farà infine scoprire che un apostrofo merita di essere conosciuto ed apprezzato non solo per la strausata analogia con il bacio, nella frase che almeno una volta nella vita ognuno di noi da letto o pronunciato.