“Novembre” è una delle poesie più suggestive di Giovanni Pascoli: racconta la breve estate di san Martino, quella che gli americani chiamano “indian summer”, estate indiana.
“Gèmmea l’aria, il sole così chiaro
che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,
e del prunalbo l’odorino amaro
senti nel cuore…
Ma secco è il pruno, e le stecchite piante
di nere trame segnano il sereno,
e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante
sembra il terreno.
Silenzio, intorno: solo, alle ventate,
odi lontano, da giardini ed orti,
di foglie un cader fragile. È l’estate,
fredda, dei morti.
(Giovanni Pascoli, da “Myricae”, 1903)
L’Estate di San Martino è legata alla leggenda del Santo, che divise in due un mantello per coprire un povero mendicante nudo e freddoloso. Il Signore per ricompensare il Santo fece in modo che per qualche giorno ci fosse un clima mite e temperato quando oramai sebbene la stagione volgesse all’inverno.
Non è chiaro quando sia nata la leggenda del mantello, né quando sia stata associata dalla memoria popolare e contadina al periodo di bel tempo che spesso insorge nel corso della seconda decade del mese di Novembre ma è probabile che risalga a tempi antichissimi, di poco seguente alla morte del Santo, e che si sia diffusa poi rapidamente in tutta Europa, tanto che l’Estate di San Martino è conosciuta praticamente ovunque, e perfino negli Stati Uniti, dove questo periodo di intervallo di bel tempo viene definita “Estate Indiana” (Indian Summer).
Una spiegazione di questo miglioramento del tempo nella seconda decade di Novembre, come ogni anno, potrebbe trovarsi nell’andamento tipico stagionale di questo mese, velocemente proiettato verso il clima invernale, ma che presenta anche dei tipici “ripensamenti” di tempo più mite, in un’alternanza caratteristica delle stagioni intermedie. La mappa, su media trentennale, mostra un sorprendente aspetto: l’Estate di San Martino sembrerebbe essere qualcosa di più di un detto popolare, in quanto nella seconda decade di Novembre sembra prendere piede l’espansione dell’Anticiclone della Spagna verso tutto il Mediterraneo, proteggendo anche la maggior parte dell’Europa Occidentale e Centrale, lasciando invece sotto il tiro delle correnti perturbate fredde solo l’Europa Nord Orientale.
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E’ evidente quindi che l’Estate di San Martino presenta un fondo di verità abbastanza inaspettato ma credibile visti i riscontri scientifici. Un’altra usanza popolare datata l’11 novembre segnava per i contadini la fine di un anno di lavoro e il momento in cui scadevano i contratti agrari. Se il padrone chiedeva ai contadini di non rimanere per l’anno successivo questi dovevano traslocare e andare alla ricerca di un nuovo padrone e di un nuovo alloggio. Da qui il detto “fare San Martino” che è divenuto sinonimo di traslocare.
Prima di partire si faceva una grande mangiata di arrosto di oca o di tacchino e tra i piatti tipici di questo periodo non mancavano quelli a base di maiale. La tradizione racconta infatti che i contadini, in occasione della fine dei contratti agricoli, pagassero l’affitto della terra al padrone in parte con la carne dei maiali che allevavano e macellavano proprio durante i giorni dell’estate di San Martino. Il clima mite di questi giorni permetteva infatti una ottima macellazione delle carni. Alla scadenza dei contratti si aprivano anche le botti per assaggiare il primo bicchiere di vino novello accompagnato alle castagne e ai dolci tipici del periodo.
Ogni Regione italiana ha le sue usanze e le proprie rievocazioni storiche della leggenda del Santo e ogni città o borgo festeggia l’”Estate di San Martino che dura tre giorni e un pochinino” con sagre, eventi, feste che hanno come comun denominatore il vino, le castagne, i funghi, l’olio, le frittelle, i biscotti e centinaia di altre specialità.
La festa propria di S. Martino, vescovo di Tours, invece nasce in Francia, quando questa era ancora sotto l’influsso pagano dei Celti, che celebravano l’inizio del nuovo anno a novembre. San Martino è poi finita per diventare impropriamente la festa dei mariti traditi poichè nel giorno dedicato al Santo si svolgevano, in più località, fiere di bestiame, per lo più “munito di corna”.
Secondo un’altra ipotesi, anticamente, si celebravano, proprio a novembre, 12 giorni di sfrenata festa pagana, di tipo carnevalesco, durante i quali avvenivano spesso gli adulteri. I mariti traditi venivano fatti oggetto di scherno e di una vera caccia, sia pur simulata, nella quale essi dovevano interpretare il ruolo del cervo, animale dalle ricche e ramificate corna.