Tra i nomi più diffusi al mondo, spicca quello del santo odierno: San Giuseppe, sposo di Maria e padre putativo di Gesù. Al fine di poter delineare la sua figura possiamo avvalerci della più che preziosa fonte dei Vangeli, in particolare quelli di Matteo e Luca. Da questi egli è anzitutto presentato come il compimento di un’attesa; infatti, è inserito nell’elenco della genealogia di Gesù, nella quale il suo nome compare quasi come punto di arrivo di una storia che avanza da millenni.
Da sempre Dio aveva preparato un “casato” per Gesù e Giuseppe è l’anello di collegamento tra la famiglia del re Davide e il Messia stesso, poiché parte di quella discendenza. Questo legame con il grande re di Israele ci spiega perché uno dei titoli attribuiti a Gesù è “figlio di Davide”, anche se il significato dell’espressione è molto più profondo di una semplice appartenenza di sangue. Invocare Gesù con questo titolo significa riconoscerne il legame con il re ideale per il popolo di Israele, al quale Dio ha promesso un’alleanza eterna. Vuol dire considerare Gesù come la realizzazione storica e concreta del legame di amore tra Dio e il suo popolo, per cui Gesù è il buon pastore del popolo di Dio e dona la sua vita per esso.
Il significato del nome Giuseppe è interessante ed è presente nella stessa Sacra Scrittura. Per comprenderlo dobbiamo andare al libro della Genesi in 30,24 ove Rachele, alla vista del figlio primogenito Giuseppe, esclama: “Il Signore mi aggiunga un altro figlio”. Ecco dunque, che il verbo “aggiungere” – in ebraico “yasap” – è la radice del nome Giuseppe. Dal Vangelo conosciamo il mestiere di Giuseppe, il quale fu “carpentiere” (secondo Matteo 13,55) e la famiglia proveniva dalla città di Betlemme. Non conosciamo molto altro se non alcuni dettagli, davvero molto interessanti, che gli hanno conferito quel carattere sacrale con il quale è ricordato nella memoria storica cristiana. L’evangelista Matteo afferma che egli era “giusto” (1,19) e che per questo motivo non volle ripudiare Maria alla notizia del concepimento di un figlio. Egli era ben cosciente che quel bambino non fosse suo, ma allo stesso tempo si fidava del progetto di Dio che l’angelo aveva annunciato a Maria (Luca 1,26-38) e anche a lui (Matteo 1,20-21). Un angelo gli aveva detto infatti: “Non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo” (Matteo 1,20). Giuseppe rispetta la verginità di Maria, che il testo del Vangelo tende a evidenziare, e anche il progetto di Dio, al quale non oppone resistenza, ma accoglie nel cuore e vive nell’obbedienza.
L’amore per la famiglia che gli è donata lo spinge anche a gesti coraggiosi, come quando per difenderla dalla furia omicida di Erode, fugge con essa in Egitto per diverso tempo (Matteo 2,13-21) e rientra a Nàzaret dopo la morte del tiranno (Matteo 2,23). L’ultima comparsa del nostro santo è nel Vangelo di Luca, quando l’evangelista narra della scomparsa di Gesù e del suo ritrovamento tra i dottori del Tempio (Luca 2,43-52). Lì si dice che Maria e Giuseppe “angosciati” cercavano il dodicenne Gesù; essi non riuscivano più a trovarlo, dopo una festa per la quale erano stati a Gerusalemme. Abbiamo notato che Giuseppe era un uomo giusto, premuroso, coraggioso, fedele, paterno e dedito alla famiglia. Non è forse questo un grande segno per tutti i papà di oggi, perché possano riscoprire il vero senso dell’essere padri in questo mondo in cui diventa sempre più difficile educare? Non possiamo, infatti, dimenticare che l’odierna commemorazione del padre terreno di Gesù è anche la festa del papà. Ed è formativo riscoprire continuamente la bellezza e la responsabilità dell’essere padri, sia per ritrovare in noi un senso di gratitudine e affetto nei confronti di chi ci ha messo al mondo, ma anche per implorare per questo nostro mondo che i padri di oggi siano davvero se stessi, siano ciò per cui il Signore li ha chiamati: dei papà.
Nessun figlio, che ami il padre e la madre, chiede loro di essere degli eroi, ma semplicemente “papà” e “mamma”. Così oggi la festa di San Giuseppe, padre di Gesù, ci invita a riscoprire la figura del papà come colui che guida con fermezza la famiglia, che la sostiene con forza nella prova, la difende dagli attacchi e la ama senza pretese, solo perché è la sua famiglia. Inoltre, essa invita anche i figli a un maggiore rispetto verso i genitori. Non è un caso che nel calendario liturgico San Giuseppe comparirà ancora altre volte: il 1° maggio con la qualifica di lavoratore e nel periodo natalizio nella festa della Santa Famiglia. Porre l’accento sul dono e compito della paternità è uno stimolo che continuamente ci deve interpellare. L’immagine di San Giuseppe rimase nell’ombra per molti secoli dopo la sua morte, sebbene i Vangeli ne riportassero l’esistenza e la memoria.
Il suo culto ebbe inizio, infatti, solo nel IX secolo. Nel 1621 papa Gregorio XV dichiarò il 19 marzo festa di precetto, mentre fu Pio IX a proclamarlo patrono della Chiesa universale. L’ultimo onore alla sua memoria gli è stato offerto da Giovanni XXIII, il Papa Buono, il quale introdusse il suo nome nella Preghiera Eucaristica I, anche nota come Canone Romano.