Lo si potrebbe chiamare “tsunami”, il termine diventato tragicamente noto qualche anno fa per individuare il maremoto che rade al suolo quello che il terremoto che lo ha causato aveva lasciato ancora in piedi. Ma la definizione non sarebbe corretta, perché uno tsunami, ed il terremoto che lo causa, son fenomeni imprevedibili, mentre quanto sta avvenendo sul territorio ionico – ed a Grottaglie in particolare – ha tempi, modi e cause ben evidenti a chi abbia tempo e voglia di fare una analisi un minimo accurata.
Senza volersi accodare ai complottasti dell’ultimo minuto, è sotto gli occhi di tutti che due diritti come salute e lavoro, peraltro – giova ricordarlo – sanciti costituzionalmente, sono fortemente a rischio (giusto per usare un eufemismo). Sono a rischio non da giorni o da settimane, sono a rischio da avvi, spesso con cause ed effetti che si avviluppano tra loro in un intreccio che strangola lentamente ma inesorabilmente il territorio ionico, al pari di una garrota a cui accennavamo tempo fa.
Sui media nazionali ieri faceva notizia l’Ilva ed il disperato ed un po’ troppo manicheo dilemma tra salute e lavoro (appunto), come se non si potesse avere l’uno senza l’altro, ed in un territorio dove le tumori e patologie respiratorie sono così frequenti da non fare quasi più notizia, si progettano futuri mega ospedali che non si sa se e quando vedranno la luce, ma intanto si chiudono anzi – ci correggiamo – si “ridimensionano” presidi medici come il “San Marco” di Grottaglie o il “Moscati” di Taranto – Paolo VI, strutture che servono bacini di utenza di decine di migliaia di residenti. Dove non è (ancora) riuscito il Piano di Riordino Sanitario Regionale ha potuto l’emergenza estiva, che ha reso indispensabile – secondo la ASL – spostare personale e servizi dai nosocomi sopracitati ad altre strutture, per meglio affrontare le emergenze dei tre mesi a venire, come se chi in vacanza non ci va potesse fare a meno di soccorso e assistenza, come se l’estate fosse un evento imprevisto che capita all’improvviso tra capo e collo e non un periodo a cui ci si può, anzi ci si deve – preparare on nove mesi d‘anticipo.
Ultima – temiamo solo in ordine di tempo – tegola sulla testa del territorio ionico in generale e grottagliese in particolare, il conflitto tra Boeing e Alenia Finmeccanica. Gli americani denunciano a chiare lettere inefficienze e ritardi nella costruzione delle parti di fusoliera del Dreamliner effettuate nello stabilimento di Grottaglie, l’Amministratore Delegato di Finmeccanica risponde denunciando “intollerabili atti di sabotaggio e boicottaggio con pesanti ricadute sulla produzione e in particolare sulla sua qualità”. Come purtroppo accade spesso in questi casi si denuncia il peccato e si tace il peccatore; l’A.D. Moretti non dice chi, come e quando abbia sabotato e boicottato la produzione e forse non si rende neppure ben conto che una società come Finmeccanica, che gestisce commesse militari, che costruisce aerei su cui voleranno milioni di persone, che detiene brevetti coperti dal segreto industriale, dovrebbe avere un sistema di sicurezza e controllo che gli atti di sabotaggio e boicottaggio dovrebbe – se non impedirli – quantomeno individuarli rapidamente ed evitare che possano influire su qualità e quantità della sua produzione.
Quale che sia la verità, che sia una scusa di Boeing per trovare un “casus belli” e rompere il contratto con Finmeccanica e passarlo magari ad un altro fornitore che offra condizioni commercialmente più vantaggiose, che sia il segnale di una crisi reale che da tempo mette in discussione la ragion d’essere dello stabilimento grottagliese, che sia il “cavallo di Troia” impiegato per liberare lo spazio aeroportuale in cui tra un po’ arriveranno gli F-35 militari non è ovviamente dato di saperlo per certo. Quello che invece è certo è che un altro migliaio di dipendenti diretti e dell’appalto di Finmeccanica vedono il loro posto a rischio, lavoratori che rischiano di allungare il già insopportabilmente ampio elenco che comprende i dipendenti di TCT e dell’ambito portuale, quelli di Ilva e dell’appalto che vagolano tra cassa integrazione, contratti di solidarietà ed ammortizzatori sociali assortiti, ed i tanti altri che operavano e operano nei campi che potrebbero essere eccellenze e che invece vengono trascurati e vilipesi: mitilicoltura, agricoltura, turismo ed accoglienza, servizi culturali, sanità e cure della persona, solo per citare fior da fiore.
Taranto ed il suo territorio, nella loro storia millenaria, hanno subito invasioni e guerre, conquiste e devastazioni, terremoti ed epidemie, e sono sempre sopravvissute. Non sappiamo se riusciranno a superare anche questo momento, che non è uno tsunami, ma rischia di essere altrettanto devastante.